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MOEVA

LAURA CIONCI, Moeva 2017

Piante varie, fotografia / audio

Sala del Casalino, installazione / Chiesa di San Bartolomeo, audio - MONTEGEMOLI - 

 

Fino a che punto un intervento di arte contemporanea smuove la coscienza collettiva e partecipa a quel movimento di rigenerazione di una comunità? Cionci imposta il suo progetto per Montegemoli come il risultato di un lavoro esplorativo sul luogo e sulle persone che qui abitano. Esplorazione intesa come investigazione socio-culturale del territorio e successivo incontro/scontro con chi lo vive, negando così ogni filtro tra l’artista e le persone comuni. Moeva (titolo che indica “fonte di energia”) mette in discussione la scissione – del tutto contemporanea (e propria di una società patriarcale) – tra uomo e natura, e attiva nel contempo una dinamica relazionale.

Un insieme di odori, sapori per certi versi, assale lo spettatore che entra all’interno dell’installazione collocata in una delle stanze centrali del paese, una volta dedicate alla raccolta del grano. Ventre, utero sempre presente ma invisibile agli occhi, caldo, rassicurante e oscuro; Moeva si presenta tellurico nella sua composizione, affidata in gran parte alla vegetazione del luogo. Si percepiscono (attraverso l’olfatto, piuttosto che la vista) erbe aromatiche, mirto, arbusti, piante a foglie verdi, fieno: da questa selva, nella penombra della stanza, emergono lentamente i volti dei 32 abitanti del borgo, uno accostato all’altro senza distinzione in un’immagine corale. Un lavoro che va al di là dell’opera finita, ma che parte nel momento di inizio della sua realizzazione: in una prima fase instaurando un dialogo con gli abitanti del borgo e, in una seconda, coinvolgendoli nell’individuazione e successiva raccolta delle piante autoctone, Cionci ripercorre i passi di un ritmo di antica memoria, ovvero di quando la vita del singolo era scandita da quella della collettività. Inoltre, attraverso la scienza della radioestesia, stabilisce un contatto energetico con la persona intervistata, venendo a conoscenza di informazioni a suo riguardo fino a quel momento sconosciute; in questo modo riesce a collegare a ciascuno la pianta ancestrale. L’artista si pone così come mezzo di relazione tra le persone stesse e la loro storia, personale e collettiva.

Accompagna il lavoro l’istallazione audio nella Chiesa di San Bartolomeo. Come a chiudere un cerchio, Cionci inserisce in questo luogo di culto la registrazione di una delle lettere della sensitiva Stefania Mariucci, parole dettate dallo zio deceduto durante la prima guerra mondiale e destinate al figlio. Nonostante queste fossero indirizzate a un individuo preciso, propongono un messaggio universale sull’energia della collettività rispetto al singolo, e sulla presenza di un’entità superiore. Mettendo in dialogo due realtà solo in apparenza distanti, il gesto dell’artista riesce così a superare il confine teologico e architettonico della religione, e a riportare il discorso nella sfera più profonda della spiritualità.

Eleonora Raspi

Chiesa di San Bartolomeo. Montegemoli

 Lettera di Enrico ad Enrico per mano di Stefania Mariucci.

 

"Quanto sto per leggere, è un messaggio che io ho ricevuto in data 12 Maggio 1986 e l’entità che mi scriveva era Saro, un mio caro amico, un medico che era passato gia da alcuni anni nella dimensione spirito.

Ed è un messaggio che lui sta scrivendo per indirizzarlo esattamente a Enrico, mio figlio.

 

“Vengo io cara amica a rispondere al tuo appello e abbraccio affettuosamente il tuo Enrico, poi verrà un altro amico a rispondere alle tue domande: Enrico. Ora vi abbraccio, due sole parole a te Stefania: trova il tempo per meditare dentro di te, lascia più spazio e tempo alla tua interiorità. Se ci riesci, farai un balzo in avanti. Alcuni eventi potrebbero essere maturi. Ora vado perché Enrico è stanco e quindi non ci sarà troppo tempo.”

 

L’entità che viene si firma Enrico Mariucci, alias è il cugino di mio padre che è morto nel 1945 nella nave Roma che è stata affondata nel porto vicino Anzio, se non ricordo male, e lui è morto in mare pur essendo un grande nuotatore.

 

“Rispondo io al mio omonimo. Sono Enrico, cugino di tuo padre, ho chiesto io di venire, perché tanto sento vicino a me l’animo di tuo figlio.

Sapessi Enrico quanti interrogativi mi sono posto nella mia vita, quanto ho ricercato tante spiegazioni dentro di me e fuori di me, purtroppo però quel sacco, come tu lo chiami, tanto, tanto ci limita e ci condiziona. E’ sempre così: per arrivare a non essere condizionati in terra bisogna fare dei passi da gigante verso vette elevate, ed è riservato a pochi eletti quel cammino. E’ vero, quanto più l’uomo si avvicina alla sua anima, tanto più si erge in un isolazionismo nei confronti dei più, che sono più visceralmente attaccati alla materia. Il vero amore, Enrico, però, non è da ricercarsi sulla terra. Il vero amore infinito è grandezza, è luce, è energia, è potenza, forza, bellezza, calore, illimitatezza. Tutto questo nel mondo terreno non esiste, non può esistere: è tutta una parodia di quello che sono i veri valori che quassù possono esistere. L’involucro esterno è limitante e limitato da emotività cerebrale e sensoriale che noi crediamo sia amore, è passione, è lascività, è ricerca di egoismi affettivi, è ricerca di affermazione del proprio essere del proprio io, ma non allarmarti, è la vita che è così.

L’essere umano deve rispondere a degli impulsi ricettivi che riceve, trasmette, emette, registra da generazioni in un continuo sviluppo evolutivo.

Ovviamente la emittente di ogni essere, dipende dal grado della sua levatura, è variabile, quindi. Quanto uno più sale, come ti dicevo, più si allontana dalla massa, più è solo, ma più, credimi, si avvicina a quella luce immensa che tanta gioia infonde nell’essere, che tanto calore dà a quell’essere anche se di travagli continui si tratta perché c’è conflittualità con la materia.

Equilibrio. Tu parli di equilibrio, è quanto di più arduo possa arrivare a raggiungere l’essere umano, e sai perché? Perché vuol dire aver compreso cos’è la forza dei vari elementi che compongono la sua natura e ha saputo dosarli dentro di sé, scemando anche tutte quelle componenti emotive e psichiche che sono parimenti elementi indispensabili per un individuo.

Ma non è facile, ma certo non impossibile.

L’uomo sa dentro di se da dove proviene e sa dove deve andare, basta a volte meditare e tante sofferenze che l’uomo si crea, tante limitanti osservazioni che si pone, crollano.

E’ tutto un transito mosso da energie (atomo) che si devono ricollegare ad un grande Atomo, ad un’altra vera energia. Quello che muove il tutto, energia questa, è una parola che ricorre tra l’uomo. Per fare ogni cosa occorre energia: più uno riesce ad immagazzinarne, più uno riesce a donarne. Mi sono fermato perché scusami, mi accorgo che ti stanco, ma tanto desidero comunicare…”

 

Mi stanco perché stava andando molto veloce con la mano e io avevo fatica nel stargli dietro

 

“…ma tanto desidero comunicare con Enrico perché grande è la sua capacità ricettiva e vorrei tanto arrivare tramite la sua mente, il suo raziocinio, per portarlo poi a riflettere dentro di se.

Vedi Enrico, tu ora stai provando dei travagli che sono legati al tuo egoismo terreno. Il piacere di possedere, la gioia di avere qualcuno per sé, l’essere superiore che ci dà energia, invece, ci ama tanto ma non ci possiede, ci contiene. Comprendi la differenza? La vostra materia, ed in un certo senso anche la nostra materia, anche se non ti sembri strano, ma anche noi abbiamo una nostra materia, o meglio, un involucro simile alla materia che dobbiamo perdere gradatamente: anche questo è amore.

Colui che ci ama vuole contenere in definitiva dentro di sé, l’essenza di queste povere creature, alle quali ha dato il dono della vita e dopo aver attraversato varie energie ed aver perso i vari involucri accumulati, li abbraccia dentro di sé, appagati in questo grande, immenso e vero amore.

L’amore in fondo è l’essenza della vita. Ogni gesto di procreazione a livello sociale è un gesto d’amore, ma è chiaro ed anche giusto sotto un certo aspetto, che l’uomo ami ciò che vuole, ciò che sente, così che più direttamente lo colpisce emotivamente. Ma pur tuttavia, questo amore terreno non lo appaga totalmente, a meno che non riesca a viverlo a riflessione, a simiglianza di quello che è il concetto di amore universale.

Sì, bene, rispondo a quanto più specificatamente mi chiede tua madre: tu stai avendo, e sei tanto giovane, questa tua esperienza affettiva e cerchi un equilibrio, ma ti ripeto, è difficile averlo perché dovresti ben conoscere i tuoi valori, i suoi valori quanto prima singolarmente cercate e poi insieme cercate e volete e vi aspettate. Non ti pare che sia abbastanza da trovare? Tu vivi la tua vita, matura i tuoi sentimenti, ricerca dentro di te i tuoi valori e poi potrai essere più pronto ad affrontare un amore terreno.

Ma, non illuderti. Ogni essere ha un suo individualismo, ogni essere È, ogni essere ha coscienza di esistere ma è individuo solo, fino a quando, all’ultimo involucro di materialità e di materialismo, poi entra nella collettività del tutto, nella forza che riceve da questa collettività universale, da questa immensa energia. Ti sembra strano che io ti stia parlando così? Ma non lo è. Voglio accendere quelle tante candeline che sono dentro di te e che vogliono illuminare e riscaldare il tuo essere. Non crucciarti della tua attuale situazione, vivila con serenità, pur con gli slanci ovvi dell’essere.

L’evoluzione di un essere è:

  1. Amore per se stesso

  2. Amore per un proprio simile spinti da fattori emotivi, da impulsi energetici, da gioia di scoprire il bello di una piccola collettività che poi si allarga verso i figli, la propria famiglia.

  3. Poi si guarda intorno, e si accorge che c’è tanto da amare, c’è tanto da dare a quella collettività.

In fondo, rifletti, è la spiegazione di quanto ti dicevo prima: quando l’uomo liberato dai suoi ultimi involucri, energia pura, si ricollega alla collettività energetica universale.

Ora penso che per il momento basta così. Ti abbraccio, ti incoraggio le tue riflessioni e invitandoti a godere tutti gli aspetti della vita, con tutti gli slanci emotivi che sono dentro di te, ma ricercando sempre più elevate vette.

Non lasciarti condizionare da nulla, sii sempre te stesso. Non c’è nulla e niente che possa valere la pena di rinnegare il proprio io, il proprio essere, il proprio cammino. Sii benedetto dalla luce, dalla forza e dall’energia vitale che è tanto amore. In nome di questo amore ti abbraccio e ti trasfondo parte del mio essere.

Ciao, anche a te un  abbraccio. Il messaggio, come avrai compreso, vale anche per te Stefania, a presto."

Madonna di Volterra

Foglia d’oro, tempera e olio su tavola

 

 

Laura Cionci da Roma. Dipinto tra le colline della Val di Cecina, questa tavola racchiude tante simbologie legate al territorio volterrano. L’artista, dopo un attento studio nella città, decide di realizzare questa Madonna che vuole rappresentare un elemento di confine tra sacro e profano, tra religione cristiana e religione pagana, tra miti e misteri narrati nei libri e tra le molte iconografie incontrate. Tutti conoscono l’eterna lotta tra Guelfi e Ghibellini rappresentati nello stemma della città come drago e biscia, che finalmente, in questo dipinto, si riappacificano nel grembo della Vergine. La sua corona proviene da una delle Madonne importanti per Volterra, quella che salvò la città dal terribile terremoto del 1846. La cintura è tenuta da una fibbia che riprende le rotelle etrusche trovate negli scavi locali, mentre la posizione delle mani richiama due religioni: quella cristiana e la devozione alla Dea Diana. In realtà la Madonna di Volterra fonde in se due donne, due vergini, devote ad una energia superiore. Predicanti dell’amore, entrambe, e del rispetto della natura e le sue creature. Si tratta della Vergine Maria e di Aradia, discepola di Diana, nata a Volterra nel 1313. Perseguitata dalla Chiesa, questa riuscì a divenire famosa in tutto il paese e diede ispirazione a quello che oggi è il fenomeno della Wicca. Sullo sfondo Porta all’Arco. Si dice che una delle tre teste rappresentate fosse proprio quella della Dea Diana. Le tre stelle con le sette punte richiamano la simbologia esoterica ma anche l’iconografia classica della Vergine Maria così come i colori delle vesti. L’opera è stata realizzata interamente con tecniche antiche: dalla preparazione della tavola, alla foglia d’oro, i pigmenti e terre a tempera e successivamente, velature ad olio.

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MOEVA brucia

Abbiamo bruciato insieme.
Il cerchio dell'energia si chiude. 
Dalla raccolta, alla condivisione, al fuoco che porta le energie in alto, in un altro luogo/spazio. Il materiale diventa immateriale e di nuovo materiale. Gli incontri si rafforzano e le esperienze uniscono.
La comunità che riconosce solo se stessa e sprigiona la vita che modifica l'intorno.
La natura, gli uomini, le cose.

ph. Alessandro Zangirolami

MOEVA. Rito di Purificazione

Laura Cionci realizza di fronte alla struttura del Nervi nelle saline di Margehrita di Savoia un dispositivo per la purificazione. La costruzione della pianta ottogonale di Castel del Monte simboleggiante la congiunzione tra cielo e terra, spirito e corpo, Dio e uomo, apre una sorta di portale energetico. Questa è la piattaforma che custodisce nel suo centro il fuoco, elemento, insieme al sale, di questo antichissimo rituale di purificazione. Il pubblico è protagonista dell’azione e completa questo momento studiato dall’artista, con il gesto.

Nato da una necessità personale dell’artista, vuole essere un momento collettivo, una possibilità, un luogo di riflessione, una visione spirituale e sulla natura dei territori delle saline di Margherita di Savoia, così densi di energia.

L’opera è stata realizzata in occasione dell’Apulia Land Art Festival 2017

Come Marianna arrivò all'illuminazione

Marianna De Leyva o meglio nota come la monaca di Monza. 
Il 18 ottobre di 408 anni fa, la famosa Monaca, iniziava il suo processo di trasformazione. murata viva per 14 anni in uno spazio di 3 metri per 1,80, per aver cercato di vivere come non avrebbe mai potuto fare. 
"Avvelenata" fin dalla nascita, perde la madre a un anno, sua unica luce. Costretta monaca, vede morire il primo figlio appena nato, mentre il secondo le viene strappato dal grembo e nascosto, infine perde il padre dei suoi figli, il suo unico amore, ucciso anche lui. Viene condannata a morire della sua stessa follia, ma si salva. 
Sopravvive e viene scarcerata dallo stesso uomo che 14 anni prima la rinchiuse: L'Arcivescovo Federico Borromeo.

Il senso della sua vita cambierà completamente.

Dedica il resto della sua vita a salvare le donne in difficoltà, tutte le donne che come lei hanno perso ogni cosa, anche la loro anima. Ne salva molte.
Aiuta lo stesso Arcivescovo nel difficile ambiente clericale.

Vive fino all'età di 75 anni.

“COME MARIANNA ARRIVò ALL’ILLUMINAZIONE”

Installazione, 2,50x1,50, lamina in ottone, cornice, pigmenti.

e "Ritratto di Federico Borromeo".

AndarXporte, Palazzo Archinto.

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