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IPNAGOGIA

This work has to do with dreams, specifically the state of change that exists between being awake and asleep and that sometimes reveals to us images known as hypnagogic hallucinations. During this time, we might experience visions that ensnare all the senses: illusionary experiences made of vivid images, feelings and sounds that don’t allow us to distinguish dream from reality. ​

"Questo suggestivo lavoro di Laura Cionci ha preso la forma di un’installazione, dove il video ha una parte preponderante e potrebbe anche assumere una sua autonomia. Ma è soprattutto l’ambiente a risultare cruciale, non tanto per la comprensione dell’opera in sé, che si offre a diverse interpretazioni tutte collegate tra loro, quanto per la necessità da parte dello spettatore di calarsi in questa realtà sospesa tra il sogno e la veglia. Ipnagogia, pur non essendo un lavoro particolarmente multimediale né tanto meno interattivo, è tuttavia profondamente immersivo, nel senso che chi lo guarda deve lasciarsi andare, farsi ipnotizzare dalla performance compiuta della stessa artista, filmata nell’atto di prendere sonno in una stanza dalla tappezzeria antica, vivendo la dimensione di passaggio tra l’essere svegli e il dormire. Una fase in cui si apre una voragine immensa e in cui Cionci sembra ritornare ad una dimensione mitica e ancestrale. Ecco perché, sul suo volto, si disegna una maschera, un trucco tipico della carnevalesca murga uruguayana. E, anche il sottofondo musicale, ci rimanda alla tradizione di questo paese dell’America Latina, al candombe, un ritmo importato dagli schiavi africani deportati nelle Americhe.
La “caduta” in questo stato di allucinazione – che diventa narrazione non-lineare senza inizio né fine, in una struttura a loop in cui, appunto, il momento del sogno (e del sonno) si con-fonde con quello della veglia –, acquista, anche alla luce delle parole dello scrittore Eduardo Galeano (anch’egli uruguayano), molteplici significati: «I corpi abbracciati, cambiano posizione mentre dormiamo, guardando di qua, guardando di la, la tua testa sopra il mio petto...no, no – mi spieghi credendomi sveglia – ancora non siamo là, noi traslochiamo in un altro paese mentre dormiamo». La parola “mudamos”, che deriva comunque da mutare, cambiare, in spagnolo vuol dire andare, essere trasportati. Il viaggio ipnagogico di Laura Cionci, diventa allora un percorso nel tempo e nello spazio. E’ un’esplorazione innanzitutto dentro sé stessa e quindi anche nel proprio essere artista alle prese con l’esperienza della metamorfosi. Ma è anche un transfert verso un’altra cultura, l’universo uruguayano o latinoamericano più in generale, un mondo altro con cui misurarsi e che rappresenta il lato oscuro, l’inconscio sommerso, il rimosso. Una presa di coscienza, anche in quanto occidentale, dei sensi di colpa che ci legano al passato schiavista e colonialista.
La dimensione onirica – o meglio quella soglia che ci tiene sospesi tra realtà e produzione onirica e, quindi, anche rappresentazione artistica –, è l’unico momento in cui possiamo perderci, esperire quella condizione di essere altri da sé, come dice Baudrillard. E il gioco dell’identità/alterità coinvolge naturalmente anche il rapporto tra maschile e femminile. Non è un caso che il candombe era appannaggio fino a molto tempo fa solo degli uomini di colore e, fino a pochi anni fa, solo dei maschi. Non poteva insomma essere suonata e praticata dalle donne. La musica, al ritmo della quale l’artista si contorce nei pochi minuti del video, che ha un montaggio incalzante, era una musica rituale identificabile con il mondo maschile. Cionci se ne appropria, in questo suo carnascialesco delirio visivo-concettuale per affermare in fondo anche il suo lato maschile. Il carnevale, lo sappiamo, così come l’arte, rende tutto possibile. E’ un regime di sospensione delle norme che regolano i nostri comportamenti sociali.
In Ipnagogia la messa in scena (il video, la performance), si allarga spazialmente. La carta da parati che fa da sfondo alla rappresentazione, prosegue anche sulle pareti della galleria in cui l’opera è esposta. Oltre al’ex-stasis dell’artista, assistiamo anche alla fuoriuscita della narrazione che si prolunga nello spazio espositivo. Lo spettatore può così, se non rivivere, almeno condividere insieme a Cionci quello stato ipnagogico che ha portato l’artista a traslocare in un altro paese e in un’altra epoca."

 

Bruno Di Marino

 

 

video "IPNAGOGIA" 2011
di Laura Cionci
regia e direzione fotografia Sofia Karakachoff
musica e suoni di Fried Sugared Threepwood

La poesia si fa in un letto, come l'amore 
André Breton 

Che cos’è l’arte se non il luogo intermedio tra la pratica della realtà e lo spostamento verso il sogno, in cui l’immaginario trova la sua massima condizione di libertà, esplicitando ciò che è dentro di noi ma che per vari motivi, legati ai condizionamenti psicologici e sociali, non riusciamo ad esprimere? 
Laura Cionci ci parla appunto di questo particolare stato di passaggio tra la veglia e il sonno in cui vediamo delle immagini, illusioni ipnagogiche che non ci permettono di distinguere il sogno dalla realtà. 
<<Los cuerpos, abrazados, van cambiando de posiciòn mientras dormimos, mirando hacia aquì, mirando hacia allà, tu cabeza sobre mi pecho, el muslo mìo sobre tu vientre, y al girar los cuerpos va girando la cama y giran el cuarto y el mundo. No, no – me explicàs, creyéndote despierta – Ya no estamos ahì. Nos mudamos a otro paìs mientras dormìamos>> 
Queste le parole di Eduardo Galeano, poeta uruguayano che, recitate dall'artista, l'accompagnano in questo particolare momento di passaggio. 
Nella sua Ipnagogia la Cionci si trasferisce in un altro paese, l'Uruguay, dove la Murga, (forma di teatro di strada che coniuga musica, danza e recitazione, praticata soprattutto durante il carnevale), insieme al Candombe (altra espressione artistica musicale dell'Uruguay importata dagli schiavi africani circa duecento anni fa), manifestavano un forte spirito di protesta e una reazione contro la schiavitù. 
Richiamando le culture primitive di paesi lontani, l'artista ci permette di scoprire e di conoscere la realtà oltre gli schemi tradizionali. “Noi traslochiamo in un altro paese mentre dormiamo”, viviamo in un'altra vita, probabilmente quella che non riusciamo a vivere nel quotidiano. E’ nei sogni che si manifestano i nostri desideri repressi, le nostre paure, le nostre ansie. Attraverso questo momento di passaggio, l'artista vuole inconsciamente identificarsi e immergersi in un'altra cultura. L'esaltazione del distante, di territori sconosciuti, appare attraverso immagini che hanno lo scopo di abbandonare la ragione occidentale a favore dell'immaginario delle culture esotiche che, vivendo più in armonia con la natura, liberano il pensiero dalle logiche rigide dell'occidente. 
Sono temi, questi, molto cari ai Surrealisti, in particolare ad André Breton il quale sosteneva che solo scavando nella profondità dell'animo umano e andando oltre la superficie delle apparenze, possiamo raggiungere uno stato conoscitivo che vada “oltre” la realtà (sur-realtàappunto), in cui veglia e sonno sono entrambi presenti e si conciliano in modo armonico e profondo. 
Il video di Laura Cionci è ricco di proiezioni interiori dettate dal fluire delle emozioni. Ricorda alcuni aspetti dei primi film surrealisti. In Un Chien Andalou di Luis Buñuel, attraverso la rappresentazione di immagini non razionali, la storia assume un andamento ciclico e il simbolo diventa codice di comunicazione, lasciando spazio alla fantasia e all’immaginazione dello spettatore. E' una rappresentazione del viaggio dell’uomo attraverso quei buchi neri che risultano funzionali per un processo di riconoscimento interiore. 
Evidenziando un conflitto tra il possibile e il reale, l'artista ci mostra cosa può succedere liberando tutte le potenzialità immaginative dell'inconscio e sul letto intraprende il suo rapporto amoroso con l’arte. Come nel famoso dipinto “L'incubo” di Johann Heinrich Fussli, la sua immagine rimanda al tema della poetica del sublime, della donna dormiente e sognante che, avvolta in una seducente vestaglia bianca, si abbandona al sogno e alle sue illusioni ipnagogiche. Ma in questo senso la follia, il delirio, gli stati di allucinazione, non vanno intesi banalmente come incubi e stati patologici, ma come una via di accesso a un più vero e completo modo di vivere il mondo: una “messa a nudo” della memoria per recuperare il diritto alla felicità e al libero uso delle passioni. 
Attraverso la coscienza del Sé, Laura Cionci sembra illuminare una strada verso la conoscenza dell’anima. Uscendo dal flusso alienante del quotidiano, la sua opera esplora il mondo sommerso del desiderio e del sogno, portando in superficie la materia prima del linguaggio dell’arte. 

Martina Sconci

Dalla mostra “L’artista come RISHI” 

Laura Cionci 
IPNAGOGIE 
Installazione 2011 
Acquarello su carta velina e candele. 

Dal ciclo di opere dedicato alle Ipnagogie prende vita l’installazione presentata in questa occasione da Laura Cionci. Due candele sono poste sotto due tele dipinte, cui l’artista ha sovrapposto fogli di carta velina che ne confondono il soggetto. L’aria calda proveniente dal basso fa muovere lentamente la carta, che oscillando avvicina e allontana la possibilità di riconoscere le entità rappresentate sulle tele: profili di volti dagli occhi chiusi definiti attraverso il gioco delle ombre. 
L’intera installazione è metafora dello “stato ipnagogico”, quel particolare stato di transizione dalla veglia al sonno che corrisponde alla perdita del controllo sul proprio pensiero e durante il quale possono presentarsi allucinazioni. Ogni elemento dell’opera assume dunque un preciso significato: la carta velina, delicata e fragile come l’ipnagogia, definisce una stratificazione spazio-temporale in equilibrio precario; la luce della candela rappresenta la realtà del soggetto che lentamente si consuma fino a spegnersi, segnando il passaggio alle tenebre e dunque all’immobilità profonda della fase REM. Le Ipnagogie di Cionci vivono nel sottile e indefinito confine che separa lo stato conscio da quello inconscio, dove impressioni connesse al ricordo e all’intimità affiorano come presenze enigmatiche. 
L’impiego della candela e quindi della cera è inoltre da collegarsi a un nuovo progetto avviato recentemente dall’artista, che segue un percorso di ricerca e di sperimentazione aperto, in una gamma espressiva articolata fra pittura, video e performance. 

Emanuela Termine

 

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