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FRICHE

"Abbiamo bisogno di città che saranno condizioni per la vita,

per vite piene e libere e non frammentate,

non città di separazione e dominazione,

abbiamo bisogno di muri che accolgano e proteggano,

non muri che escludano e opprimano".

(Peter Marcuse, 1994)

The project takes its name from the word “friche”, a term used by Gilles Clement to tell the story of a place in a specific moment in time.

The friche is a place used by man and abandoned before being reclaimed by nature; it is an essentially dynamic state.

The concept of “friche” fuels the need to find these wild and abandoned places that are, however, positively charged due to the very nature of their being. These places represent a haven for diversities that are so often chased away everywhere else.

In his “agriculture of not doing”, Fukoka, a famous Japanese botanist, spreads small clay balls filled with seeds that have an important role to play. They are spread on arid, desert lands, and it will be nature itself that decides which, if any, of the different seeds contained within will sprout. As the botanist said in regards to his project, “we sow little balls and go to bed.” This is the material used in Fukuoka’s sculptures, which reproduce the importance of the female figure and fertility throughout the history of agriculture since its beginnings in the neolithic age. It’s fertility itself that becomes the very essence of creation: “we sow goddesses and go to bed.”

Le Soglie Urbane sono spazi residuali, liminali, ambigui, instabili, mutevoli, contraddittori, in cui mondi diversi si incontrano. Le Soglie sono il Terzo Paesaggio di Gilles Clement: "spazi indecisi, senza funzione, che sono difficili da nominare", che si trovano "ai margini" che "costituiscono un territorio di rifugio per la diversità", e, in quanto tali, rappresentano un "frammento condiviso della coscienza collettiva".

 

Il progetto prende il nome del luogo/soglia denominato “friche”, termine coniato da Gilles Clement per raccontare la condizione di un territorio in uno specifico momento. La friche è il luogo utilizzato dall’uomo e in seguito abbandonato, riconquistato dalla natura in uno stato essenzialmente dinamico.

Luoghi che costituiscono un territorio di rifugio per la diversità.

Ovunque, altrove, questa è scacciata.

 

“Osservare un luogo conosciuto che volge all’abbandono conduce a porsi delle domande che si riferiscono tutte a una dinamica di trasformazione.”

 

Dalla “friche” è possibile immaginare una trasformazione a partire dall'abbandono.

Il corpo è il soggetto narrante. Guida la scoperta e l'esplorazione dello spazio, lo abita e lo attraversa interagendo con ostacoli architettonici e naturali, lasciando i segni del suo passaggio. Entra a far parte del paesaggio, alcune volte si fonde con esso e quasi scompare, diventa soglia, confine, fra biodiversità e architettura.

 

Per saperne di più consulta il link all'articolo di Azzurra Muzzonigro su Artribune:

http://www.artribune.com/2016/01/carnet-darchitecture-azzurra-muzzonigro-citta-milano/?fb_action_ids=10153430585711909&fb_action_types=og.likes&fb_ref=.Vp5VSTmRQlE.like                                                                    2015 - 2016

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